martedì 15 gennaio 2008

DOV'E' IL PROBLEMA



Diciamoci la verità: se il rettore di un'università invitasse all'inaugurazione dell'anno accademico Tenzin Gyatso, l'attuale Dalai Lama, massima autorità spirituale di una importante branca del Buddhismo, nonché capo del governo tibetano in esilio, molti si compiacerebbero dell'apertura culturale dimostrata e, parimenti, si stranirebbero non poco alle levate di scudi che probabilmente una certa cultura di destra armerebbe per contestare l'iniziativa.

E cosa accadrebbe se un altro rettore di un'altra università decidesse di far partecipare alle celebrazioni di apertura del nuovo a.a. un ipoteticamente redivivo Āyatollāh Khomeynī, capo spirituale nonché Guida Suprema della Repubblica Islamica Iraniana? Coloro che oggi insorgono in difesa della visita di Benedetto XVI alla Sapienza, ed accusano di volontà censorie i professori e gli studenti che invece la ritengono inopportuna e provocatoria, sarebbero altrettanto accesi sostenitori del diritto di parola del massimo rappresentante del fondamentalismo mussulmano?

La sostanza della questione, dunque, per come la vedo io, non è se il Papa possa o non possa andare, se il rettore aveva o non aveva il diritto di invitarlo, se sia giusto o sbagliato che il pontefice parli o se sia o meno opportuno che si limiti a presenziare ed ascoltare... La questione è solamente se, in questo Paese, saremo mai capaci, tutti, di praticare, fino in fondo e costi quel che costi, il precetto contenuto nella affermazione volterriana: "Detesto le tue idee, ma mi farò uccidere affinché tu abbia il diritto di esprimerle" (vulgata italiana per la frase originale "Je haïs vos idées, mais je me ferai tuer pour que vous ayez le droit de les exprimer", di cui peraltro, a seconda delle fonti, si rintracciano versioni leggermente differenti).

Se poi sia legittimo o no iscrivere l'iniziativa di Renato Guarini nel filone delle sempre più agguerrite provocazioni che, sempre più frequentemente, si vanno inanellando verso il già malcerto spirito laico degli italiani, be': mi sa che, questa, è proprio tutta un'altra faccenda...

(autore: sissi)

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Certo che il Papa ha diritto di parlare come i professori hanno diritto di contestare la scelta di invitarlo. Ieri sera ho ascoltato il professore che ha scritto la lettera da cui è nato poi l'appello e non ha affatto usato argomentazioni da intollerante. Ha solo fatto notare che il Papa con l'apertura dell'anno accademico non c'entra nulla. Che non si capisce in forza di cosa lo si chiami: è uno scienziato? di cosa parlerà? di teologia? La teologia non è una materia di insegnamento. Poi ha ricordato le posizioni del Papa sulla scienza. Ecco ce ne era abbastanza per dire cari Professori avete ragione e il Magnifico Rettore ha sbagliato. Poi mi fa ridere il fatto che questo povero Papa non sa come fare a parlare....tutti cercano di farlo tacere.

Anonimo ha detto...

Ho trovato i testi delle due lettere inviate al Magnifico Rettore e mi sembra utile riportarle qui nel blog:

Al Magnifico Rettore
Prof. Renato Guarini
Sapienza, Università di Roma
P.le Aldo Moro, 5
00185 Roma


e p.c. Al Presidente dell'AST, Prof. Guido Martinelli
Al Preside della Facoltà di Scienze MFN Prof. Elvidio Lupia Palmieri
Al Direttore del Dipartimento di Fisica Prof. Giancarlo Ruocco


Magnifico Rettore,
con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della sconcertante iniziativa che prevedeva l'intervento di papa Benedetto XVI all'Inaugurazione dell'Anno Accademico alla Sapienza.
Nulla da aggiungere agli argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: «All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto». Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano.
In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato.
Le porgiamo doverosi saluti,

Gabriella Augusti Tocco, Luciano M. Barone, Carlo Bernardini, Maria Grazia Betti, Enrico Bonatti, Maurizio Bonori, Federico Bordi, Bruno Borgia, Vanda Bouche', Marco Cacciani, Francesco Calogero, Paolo Calvani, Paolo Camiz, Mario Capizzi, Antonio Capone, Sergio Caprara, Marzio Cassandro, Claudio Castellani, Flippo Cesi, Guido Ciapetti, Giovanni Ciccotti, Guido Corbo', Carlo Cosmelli, Antonio Degasperis. Francesco De Luca, Francesco De Martini, Giovanni Destro-Bisol, Carlo Di Castro, Carlo Doglioni, Massimo Falcioni, Bernardo Favini, Valeria Ferrari, Fernando Ferroni, Andrea Frova, Marco Grilli, Maria Grazia Ianniello, Egidio Longo, Stefano Lupi, Maurizio Lusignoli, Luciano Maiani, Carlo Mariani, Enzo Marinari, Paola Maselli, Enrico Massaro, Paolo Mataloni, Mario Mattioli, Giovanni Organtini, Paola Paggi, Giorgio Parisi, Gianni Penso, Silvano Petrarca, Giancarlo Poiana, Federico Ricci Tersenghi, Giovanni Rosa, Enzo Scandurra, Massimo Testa, Brunello Tirozzi, Rita Vargiu, Miguel A. Virasoro, Angelo Vulpiani, Lucia Zanello.

[Segue la lettera di Marcello Cini]
Se la Sapienza chiama il papa e lascia a casa Mussi

Marcello Cini


Signor Rettore, apprendo da una nota del primo novembre dell'agenzia di stampa Apcom che recita: «è cambiato il programma dell'inaugurazione del 705esimo Anno Accademico dell'università di Roma La Sapienza, che in un primo momento prevedeva la presenza del ministro Mussi a ascoltare la Lectio Magistralis di papa Benedetto XVI». Il papa «ci sarà, ma dopo la cerimonia di inaugurazione, e il ministro dell'Università Fabio Mussi invece non ci sarà più».
Come professore emerito dell'università La Sapienza - ricorrono proprio in questi giorni cinquanta anni dalla mia chiamata a far parte della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali su proposta dei fisici Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini e Enrico Persico - non posso non esprimere pubblicamente la mia indignazione per la Sua proposta, comunicata al Senato accademico il 23 ottobre, goffamente riparata successivamente con una toppa che cerca di nascondere il buco e al tempo stesso ne mantiene sostanzialmente l'obiettivo politico e mediatico.

Non commento il triste fatto che Lei è stato eletto con il contributo determinante di un elettorato laico. Un cattolico democratico - rappresentato per tutti dall'esempio di Oscar Luigi Scalfaro nel corso del suo settennato di presidenza della Repubblica - non si sarebbe mai sognato di dimenticare che dal 20 settembre del 1870 Roma non è più la capitale dello stato pontificio. Mi soffermo piuttosto sull'incredibile violazione della tradizionale autonomia delle università - da più 705 anni incarnata nel mondo da La Sapienza dalla Sua iniziativa.
Sul piano formale, prima di tutto. Anche se nei primi secoli dopo la fondazione delle università la teologia è stata insegnata accanto alle discipline umanistiche, filosofiche, matematiche e naturali, non è da ieri che di questa disciplina non c'è più traccia nelle università moderne, per lo meno in quelle pubbliche degli stati non confessionali. Ignoro lo statuto dell'università di Ratisbona dove il professor Ratzinger ha tenuto la nota lectio magistralis sulla quale mi soffermerò più avanti, ma insisto che di regola essa fa parte esclusivamente degli insegnamenti impartiti nelle istituzioni universitarie religiose. I temi che sono stati oggetto degli studi del professor Ratzinger non dovrebbero comunque rientrare nell'ambito degli argomenti di una lezione, e tanto meno di una lectio magistralis, tenuta in una università della Repubblica italiana. Soprattutto se si tiene conto che, fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti, per porre fine al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo uffizio, a una spartizione di sfere di competenza tra l'Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico de La Sapienza sarebbe stata considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo di trecento anni e più.
Sul piano sostanziale poi le implicazioni sarebbero state ancor più devastanti. Consideriamole partendo proprio dal testo della lectio magistralis del professor Ratzinger a Ratisbona, dalla quale presumibilmente non si sarebbe molto discostata quella di Roma. In essa viene spiegato chiaramente che la linea politica del papato di Benedetto XVI si fonda sulla tesi che la spartizione delle rispettive sfere di competenza fra fede e conoscenza non vale più. «Nel profondo... si tratta - cito testualmente - dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione. Partendo veramente dall'intima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: Non agire "con il logos" è contrario alla natura di Dio».
Non insisto sulla pericolosità di questo programma dal punto di vista politico e culturale: basta pensare alla reazione sollevata nel mondo islamico dall'accenno alla differenza che ci sarebbe tra il Dio cristiano e Allah - attribuita alla supposta razionalità del primo in confronto all'imprevedibile irrazionalità del secondo - che sarebbe a sua volta all'origine della mitezza dei cristiani e della violenza degli islamici. Ci vuole un bel coraggio sostenere questa tesi e nascondere sotto lo zerbino le Crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell'Inquisizione che i cristiani hanno regalato al mondo. Qui mi interessa, però, il fatto che da questo incontro tra fede e ragione segue una concezione delle scienze come ambiti parziali di una conoscenza razionale più vasta e generale alla quale esse dovrebbero essere subordinate. «La moderna ragione propria delle scienze naturali - conclude infatti il papa - con l'intrinseco suo elemento platonico, porta in sé un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda (sul perché di questo dato di fatto) esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali a altri livelli e modi del pensare - alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l'ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell'umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi a essa significherebbe una riduzione inaccettabile del nostro ascoltare e rispondere».
Al di là di queste circonlocuzioni il disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l'ex capo del Sant'uffizio non ha dimenticato il compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato e continua a essere l'espropriazione della sfera del sacro immanente nella profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una istituzione che rivendica l'esclusività della mediazione fra l'umano e il divino. Un'appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto per la dignità personale e l'integrità morale di ogni individuo.
Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga. Non esagero. Che altro è, tanto per fare un esempio, l'appoggio esplicito del papa dato alla cosiddetta teoria del Disegno Intelligente se non il tentativo - condotto tra l'altro attraverso una maldestra negazione dell'evidenza storica, un volgare stravolgimento dei contenuti delle controversie interne alla comunità degli scienziati e il vecchio artificio della caricatura delle posizioni dell'avversario - di ricondurre la scienza sotto la pseudorazionalità dei dogmi della religione? E come avrebbero dovuto reagire i colleghi biologi e i loro studenti di fronte a un attacco più o meno indiretto alla teoria darwiniana dell'evoluzione biologica che sta alla base, in tutto il mondo, della moderna biologia evolutiva?
Non riesco a capire, quindi, le motivazioni della Sua proposta tanto improvvida e lesiva dell'immagine de La Sapienza nel mondo. Il risultato della Sua iniziativa, anche nella forma edulcorata della visita del papa (con «un saluto alla comunità universitaria») subito dopo una inaugurazione inevitabilmente clandestina, sarà comunque che i giornali del giorno dopo titoleranno (non si può pretendere che vadano tanto per il sottile): «Il Papa inaugura l'Anno Accademico dell'Università La Sapienza».
Congratulazioni, signor Rettore. Il Suo ritratto resterà accanto a quelli dei Suoi predecessori come simbolo dell'autonomia della cultura e del progresso delle scienze.

dal sito www.fisicamente.net

sissi ha detto...

lodes carissimo,
innanzitutto grazie del tuo contributo, che spero sia solo il primo di una lunga serie; poi, qualche riflessione su quanto hai riportato.
Non c'è una parola, tra quelle del prof. Cini, che io non mi senta di condividere; ma il punto su cui dovrebbero addensarsi critiche e polemiche, per me, non è tanto la partecipazione di Ratzinger (parlante o zitto), bensì l'iniziativa del rettore.
E a mio avviso, dato che ormai l'invito era partito, sarebbe stato molto meglio lasciare che il papa parlasse: perché allora si sarebbe visto di che pasta sarebbe stato il suo discorso; e se fosse stato, come in molti possiamo supporre, un'ennesimo mattone alla sua pretesa scalata all'egemonizzazione culturale, avremmo potuto discuterne, così come avrebbero dovuto fare i mass-media.
In questo modo, invece, gli strepiti di coloro che gridano a professori e studenti: "censori! stalinisti! prevaricatori!" prevarranno sulla lucida analisi dell'arbitraria scelta di Guarini.

Anonimo ha detto...

ahahahahahahahahah............

Cara Sissi, poni il problema nelòa maniera sbagliata:

"se sia giusto o sbagliato che il pontefice parli"

No, il problema vero è:

"se sia giusto o sbagliato che noi siamo costretti ad ascoltarlo"

Riflettici un po' su....

sissi ha detto...

ahahah, orchidea: grazie della precisazione (che in ogni caso attiene, esattamente come la mia quaestio retorica, alla sfera delle opinioni)! E sì, che non ho neanche dovuto dirti "se sbalio, mi corrigerai"...

sissi ha detto...

e poi mi domando: se è dal 23 ottobre che Guarini aveva comunicato al Senato accademico la sua idea di invitare Ratzinger, com'è che ci sono voluti quasi 3 mesi perché scoppiasse il caso? chi sono i componenti del Senato accademico? che potere hanno rispetto alle decisioni del rettore? hanno provato a farlo recedere dalle sue posizioni? sono tenuti al segreto? come mai nessuno ha fatto trapelare prima la notizia? possibile che nessuno dei firmatarî delle lettere citate qui da lodes ne sapesse nulla fino ad ora?

grazia ha detto...

Ho sentito un pò di commenti sulla stampa estera: il problema è tutto Italiano e piuttosto non è altro che una battaglia mediatica montata ad arte.
Ma deve andare pure dove non è stato invitato?
Siamo alla deriva totale.
Grazia

mazapegul ha detto...

Per l'intervento del papa alla Sapienza è stato montato un caso simile a quello che viene montato quando a parlare in qualche università ci va qualche noto negazionista (quelli che negano l'olocausto). C'è proporzione? No.

Contro il papa è stata riesumata una citazione da lui (furbescamente) riportata quindici anni fa o giù di lì, quando non era papa. Quella citazione vale a dimostrare che il papa non è un fisico: basta a scandalizzarsi perchè viene invitato a una occasione, perdipiù sonnacchiosa, come un inizio d'anno accademico? No.

(Diverso sarebbe stato il caso se il papa fosse stato invitato a inaugurare un convegno di fisica).

Io ho dei problemi a invitare a un incontro di partito un genetista (gli ex margheritini sono sospettosi), il rettore di Roma ha dei problemi a invitare il papa (i fisici sono insorti). Ci sono dei problemi a mettere in pratica il normale scambio delle opinioni. In questo clima sguazzano felicemente solo quelli che hanno delle certezze da due soldi, non quelli che vivono sotto il segno del dubbio.